Quale mistero avvolge questa chiesa, perché è stata abbandonata? Come mai non ne abbiamo traccia nei faldoni delle belle arti o nei libri di storia locale?
Tanti sono i misteri che circondano questo sacro edificio ormai quasi completamente dimenticato e quasi completamente demolito dal tempo. La sua storia è stata assorbita e dimenticata con il passare del tempo, ma Don Daniele Bosi, parroco di Villachiaviche, cerca di far luce su quella che era la sua storia e ci accompagna alla scoperta della chiesa di Santa Marina di Viezza.
La piccola chiesetta di Santa Marina si trova a Viezza -Parrocchia di Pereto – situata nel Comune di Verghereto (famoso sopratutto per dare origini al Fiume Tevere) e vi si accede a mezzo di una stradina bianca di mediocre qualità. Qui Don Daniele si prodiga per ritrovare le radici storiche a questo ex luogo di culto.
Della chiesetta oggi, rimangono solo i muri perimetrali senza tetto ed è avvolta dalla vegetazione e sembra essere stata abbandonata nel 700. La chiesa sembra essere stata riadattata al culto cristiano da un precedente uso al culto pagano e presenta lavori di muratura di chiusura di due grandi monofore lasciando solo le due porte per accedervi.
La chiesa sembra essere di stile romanico, antecedente l’anno mille, forse del VII Sec. ma studi approfonditi su questo edificio sembrano non essere stati fatti, ma perché? come mai ci siamo dimenticati di lei?
Sulla spalla dell’ingresso consunte dalle intemperie, ci sono antiche incisioni stellari sia circolari sia rettangolari, “possono credo identificarsi con i “fiori della vita” dice Don Daniele”. Il “fiore della vita” continua, è un simbolo antichissimo che fu considerato sacro in molte culture, dall’Europa all’ Africa, dal Medio Oriente alla Cina. Il modulo di base somiglia a un fiore a sei petali inserito in un cerchio, come questo scolpito nel muro a Viezza e purtroppo ormai quasi cancellato. I cerchi sovrapposti vanno poi a comporre una struttura più complessa, con simmetria di tipo esagonale. Un disegno di questo tipo è stato ritrovato anche in Egitto, inciso più volte sui pilastri di granito del megalitico Osireion di Abydos, il tempio egizio che qualcuno ipotizza possa risalire addirittura ad epoca antidiluviana e possa aver rappresentato la mitica tomba del dio Osiride. Come presso gli antichi Etruschi, i quali davano probabilmente al simbolo una valenza di vittoria e di rinascita dopo la morte”.
“Il reperto etrusco più famoso e più antico in cui troviamo il fiore della vita è una stele funeraria rinvenuta a Vetulonia, della seconda metà del VII secolo a.C., in cui si vede un principe guerriero ritratto di profilo e armato – aggiunge Don Daniele -. Lo stesso simbolo del fiore a sei petali compare anche in un altro reperto etrusco, databile al VI – V secolo a.C. e conservato al museo archeologico di Perugia. Fiori della vita con evidente valenza simbolica di vittoria e rinascita dopo la morte si trovano spesso in ambito funerario, come ad esempio quelli incisi su molte urne cinerarie sia etrusche che romane. Conoscevano molto bene il fiore della vita anche gli antichi Celti che lo usavano con funzione magica e taumaturgica. Ed era noto anche ai filosofi e ai matematici greci i quali costruirono i solidi platonici proprio a partire da questo schema geometrico di base. Interessante è notare che nella cultura giudaico-cristiana il simbolo era chiamato “sesto giorno della Genesi”, poiché ottenuto dalla rotazione di sei sfere, ognuna delle quali corrispondenti ad un giorno della creazione. Il linguaggio della “geometria sacra” cui appartiene il simbolismo del “fiore della vita” avrebbe permesso – a chi aveva gli strumenti per comprenderlo – di conoscere le leggi che regolano la vita e il movimento dell’intero cosmo”.
Il sacerdote ricorda “che il simbolismo universale del “fiore della vita” continuò ad essere trasmesso e utilizzato nel corso del medioevo, da mastri costruttori, sapienti architetti e scalpellini, nonché da monaci e cavalieri, in particolar modo dai Templari. Il documento più antico che ci attesta la presenza di questa chiesa è del 1027. Un edificio che resta avvolto e custodisce sepolto il suo mistero”. (Fonte CesenaToday)
Che sia questa una dimenticata chiesa Templare ancora non ci è dato a sapere ma chissà, forse un giorno Don Daniele Bosi riuscirà a darne i giusti natali, forse saranno le belle arti o gli organi competenti ma una cosa è certa, noi saremo qui per darvene notizia.
P:S E come sempre se visiterete questo luogo, saremo lieti di ricevere il vostro materiale e poterlo pubblicare per arricchire questa scheda e condividere la scoperta con tutti voi.