Ferrara, Il Palazzo dei Diamanti, è uno dei simboli della città estense ed è considerato uno dei monumenti più celebri dell’architettura rinascimentale italiana. Il suo nome deriva dalla particolare tecnica architettonica utilizzata per le sue pareti esterne, chiamata bugnato a punta di diamante. Le superfici del palazzo sono completamente rivestite di bugne, pietre sporgenti tagliate geometricamente con contorni netti e levigati, disposte in modo da formare una serie di piramidi con la punta rivolta verso l’esterno. Questa tecnica decorativa crea un effetto prospettico spettacolare, grazie alla luce che riflette sulle sue facciate, generando giochi di ombre e luci molto particolari. I “diamanti” sono i blocchi di marmo bianco e rosato abilmente incastonati sulle pareti del palazzo, stimando che siano state utilizzate circa 8.500 pietre.
La costruzione del Palazzo dei Diamanti iniziò nel 1495 su iniziativa di Sigismondo d’Este, fratello del duca Ercole I d’Este, che incaricò l’architetto ferrarese Biagio Rossetti della progettazione. Il taglio dei blocchi di marmo e la disposizione delle pietre furono affidati al tagliapietre Gabriele Frisoni di Mantova, il quale compì un lavoro meticoloso per creare suggestivi giochi di luce in ogni momento della giornata.
Nel 1832, il Palazzo dei Diamanti fu acquistato dal Comune di Ferrara. Attualmente ospita le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, insieme alla Pinacoteca Nazionale e a una serie di esposizioni temporanee. Duramente danneggiato dai bombardamenti del 1944, l’edificio è stato sottoposto a importanti interventi di restauro per preservare la sua bellezza e il suo valore storico.
C’è una leggenda che circonda il palazzo. Si narra che Ercole I d’Este abbia nascosto un autentico diamante all’interno di uno dei blocchi di marmo che compongono il rivestimento del palazzo, dopo averlo estratto dalla sua corona. La posizione esatta della gemma rimane ancora un mistero, poiché si dice che Ercole abbia rivelato il segreto solo al capomastro incaricato della posa dei blocchi, ricompensandolo generosamente per il suo silenzio. Tuttavia, volle anche assicurarsi che la posizione del diamante non potesse mai essere rivelata. Secondo la leggenda, il capomastro fu accecato e gli fu tagliata la lingua per garantire la custodia del segreto. (È importante notare che questa parte della leggenda può sollevare delle domande, poiché il capomastro non avrebbe potuto scrivere il segreto?) n.d.r.