Uno studio dell’Università di Birmingham ha rivelato la presenza di un complesso monumentale molto più ampio di quello che ci è noto.
Una serie di monumenti archeologici fino ad oggi sconosciuti sono stati individuati nei pressi del sito di Stonehenge, nell’ambito di un progetto di mappatura digitale senza precedenti che potrebbe mutare radicalmente la nostra percezione di un luogo ritenuto tra i più affascinanti dell’umanità. Lo Stonehenge Hidden Landscapes Project, guidato dagli studiosi della University of Birmingham in collaborazione con il Ludwig Boltzmann Institute for Archaeological Prospection and Virtual Archaeology, è il più vasto progetto di questo tipo mai realizzato.
“La casa dei morti”
Grazie a strumentazioni per i rilevamenti geofisici particolarmente sensibili e in grado di lavorare a diverse profondità sotto la superficie, gli archeologi sono incappati in una serie di sorprendenti scoperte: il sottosuolo di Stonehenge ha infatti rivelato la presenza di 17 piccoli monumenti rituali, dei quali fino ad oggi si ignorava l’esistenza, risalenti al periodo in cui il sito megalitico raggiunse l’assetto iconico che oggi ci è noto nelle sue linee fondamentali, tra il 3.100 e il 1.600 a. C. Decine di tumuli sono stati mappati fin nei più minuti particolari: alcuni tra essi apparterrebbero ad un’epoca precedente alla Stonehenge che conosciamo e, uno in particolare, celerebbe al di sotto di esso una costruzione molto più antica e decisamente impressionante. La scansione di profondità ha appurato che si tratta di un tumulo della lunghezza di circa 33 metri datato a circa 6.000 anni fa, consistente in una struttura in legno il cui ingresso è ostruito da una pietra verticale. Gli archeologi ritengono che l’edificio doveva essere una “casa dei morti” dove avevano luogo dei rituali legati al culto dei defunti che oggi ci apparirebbero, quanto meno, singolari: lì, in quello che doveva essere il cortile antistante, con buone probabilità, i corpi degli estinti venivano esposti per poi venire scarnificati nell’ambito di cerimonie sacre. Mutati i tempi, le tradizioni o le popolazioni, in un’epoca successiva la macabra dimora funebre venne ricoperta dal gesso divenendo una curiosa pietra miliare bianca al di sotto della quale si celava un frammento di preistoria dimenticato.
in foto: Strumenti per la scansione del sottosuolo di Stonehenge
11.000 anni di storia
Il lavoro ha consentito, inoltre, di identificare nuovi dettagli di quella che doveva essere una sorta di barriera per Stonehenge, secondo alcuni archeologi un limite che marcava il confine tra l’area degli insediamenti e quella cerimoniale: un fossato esterno, con dei cumuli interni, che prende il nome di Cursus, della lunghezza di circa 3 chilometri, e ampio 100 metri, anch’esso probabilmente precedente di diversi secoli all’enorme sito megalitico. Accanto a ciò, sono stati individuati diversi tipi di monumenti che includono enormi buche preistoriche, alcune delle quali sembrerebbero seguire un orientamento astronomico: inoltre moltissime nuove informazioni sono state aggiunte alle conoscenze pregresse relative ai tumuli già noti dell’età del bronzo e del ferro o agli insediamenti di epoca successiva, quando i romani giunsero in quella terra che chiamarono Britannia. Insomma, secondo gli studiosi, la tecnologia utilizzata darà una forma del tutto nuova alle conoscenze archeologiche relative a Stonehenge, consentendo di comprendere lo sviluppo del sito lungo un arco di tempo superiore agli 11.000 anni.
Durrington Walls
Il progetto ha anche svelato interessanti novità, del tutto inaspettate, relative al sito chiamato Durrington Walls, pochi chilometri a nord della piana di Amesbury dove si trova Stonehenge, dove sorge uno dei più vasti villaggi europei risalenti al neolitico. Durrington Walls vanta la presenza di un enorme Henge (nome con cui si indicano le strutture architettoniche megalitiche di età preistorica), forse il più ampio di questo tipo con una circonferenza di circa 1,5 chilometri: i sondaggi hanno rilevato la presenza di blocchi di pietra che circondavano il monumento nella sua fase più antica, di numero superiore a sessanta e di altezza fino a tre metri, molti dei quali probabilmente ancora sepolti nell’area circostante.
Il Professor Vincent Gaffney, a capo del progetto di ricerca, sostiene che con questi nuovi ritrovamenti «Stonehenge potrebbe non essere più la stessa»: ed è probabile che il profilo del sito muterà effettivamente, grazie alle moderne tecnologie. Quel che è certo, invece, è che qualunque scoperta non farà altro che accrescere il fascino di questo luogo meraviglioso ed incantato, da ammirare a bocca aperta nel muto stupore che soltanto il nostro passato sa regalarci.
di Nadia Vitali
Fonte: scienze.fanpage.it
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