Riferendosi al testo del Capitolo Dodicesimo dell’Apocalisse, la mistica e Venerabile Maria Agreda scrisse dopo aver ricevuto alcune rivelazioni da Gesù in persona.
Maria di Gesù di Ágreda, al secolo María Coronel y Arana (Ágreda, 2 aprile 1602 – Ágreda, 24 maggio 1665), è una religiosa e mistica spagnola. Apparteiene all’ordine delle Concezioniste francescane ed è mistica mariana e scrittrice. Per lei è in corso il processo di beatificazione: dalla Chiesa cattolica le è stato attribuito il titolo di venerabile.
La mistica Maria Agreda ha ricevuto numerose rivelazioni che lei racchiuse in varie opere. Tra esse la “Mistica città di Dio”, in un’esegesi davvero ricchissima che tocca anche i misteri dell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse.
Il mistero dell’Apocalisse
Ecco come in questo modo potremmo avere una visione più ampia di alcuni contenuti di questo libro rivelatorio (“Apocalisse” significa “rivelazione”) che è però di così difficile lettura e comprensione, se non ispirati dallo Spirito Santo come molto probabilmente accadde a questa donna di Dio.
In particolare qui riportiamo il vero significato che le rivelò Gesù circa la il segno della “donna vestita di sole”. Chi è? Lo sappiamo tutti, ma perché San Giovanni usa proprio queste parole? “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto”. (Ap 1, 1-2)
Il segno del cielo della donna vestita di sole è svelato
“Questo segno apparve realmente nel cielo per volontà di Dio, che lo propose apertamente sia agli angeli buoni che ai cattivi, affinché in vista di ciò determinassero la loro volontà ad obbedire ai precetti del suo beneplacito. Così lo videro prima che i buoni si decidessero al bene e i cattivi al peccato e fu come segno di quanto ammirabile si sarebbe dimostrato Dio nella formazione della natura umana. […]
Il segno del sole
Il sole, di cui era vestita la donna, è il Sole verace di giustizia. Da ciò gli angeli dovevano intendere che era volontà efficace dell’Altissimo assistere sempre egli stesso questa donna, essendole presente per grazia, farle scudo e, con la protezione del suo invincibile braccio, difenderla. Ella aveva sotto ai suoi piedi la luna, perché nella divisione che questi due pianeti fanno del giorno e della notte, la notte della colpa, rappresentata dalla luna, doveva restare ai suoi piedi, mentre il sole, che è il giorno della grazia, doveva vestirla tutta eternamente.
La luna sotto ai suoi piedi
Ciò anche perché sotto ai suoi piedi avrebbero dovuto stare le defezioni dalla grazia, che sono proprie a tutti i mortali, senza che mai potessero aver posto nel suo corpo o nella sua anima, corpo e anima che dovevano andare sempre crescendo in santità, al di sopra di tutti gli uomini e di tutti gli angeli.
Quindi ella sola doveva uscire libera dalla notte e dalle defezioni di Lucifero e di Adamo, cose che ella avrebbe sempre calpestato senza che potessero prevalere su di lei. Per questo il Signore, in presenza di tutti gli angeli, le pose sotto i piedi, come vinte, tutte le colpe e le forze del peccato originale ed attuale, affinché i buoni la conoscessero e i cattivi – anche se non penetrarono tutti i misteri di quella visione – paventassero quella donna ancora prima che esistesse.
La corona di dodici stelle
La corona delle dodici stelle, come è chiaro, sono tutte le virtù che avrebbero redento questa Regina del cielo e della terra; il mistero di essere dodici fu pure per designare le dodici tribù di Israele, alle quali gli eletti e tutti i predestinati si riducono, come indica l’Evangelista nel capitolo settimo dell’Apocalisse. Ora, siccome tutti i doni, tutte le grazie e le virtù di tutti gli eletti dovevano coronare la loro Regina in grado immensamente superiore al loro, le fu posta sul capo tale corona di dodici stelle.
La donna vestita di sole “è incinta”
Era incinta. Era necessario infatti che, in presenza di tutti gli angeli, per letizia dei buoni e pena dei cattivi, che resistevano alla divina volontà e a questi misteri, si manifestasse che tutta la santissima Trinità aveva eletto madre dell’Unigenito del Padre quella meravigliosa donna. Inoltre, siccome questa dignità di Madre del Verbo era la maggiore, il principio e il fondamento di tutte le altre eccellenze di questa grande signora e di questo celeste segno venne presentata agli angeli, appunto in quella forma, vale a dire come ricettacolo di tutta la santissima Trinità nella divinità e nella Persona del Verbo incarnato.
Data l’inseparabilità della loro unione e l’indissolubilità della loro coesistenza, le tre Persone divine non possono che essere necessariamente l’una nell’altra. Tuttavia, solo la Persona del Verbo assunse carne umana, divenendo il frutto del grembo di Maria.
“Grida”
Gridava. Difatti, sebbene la dignità di questa Regina e siffatto mistero dovessero restare da principio nascosti, affinché Dio nascesse povero, umile e sconosciuto, tuttavia questo parto diede poi grida così grandi, che l’eco primo bastò a turbare e far uscire fuori di sé il re Erode ed i suoi e ad obbligare i Magi ad abbandonare le case e le loro patrie per venire a cercarlo; i cuori degli uni si turbarono e quelli degli altri palpitarono di affetto. E, crescendo, il frutto di questo parto, poiché fu innalzato sulla croce, diede grida così grandi che si udirono dall’oriente all’occidente e dal settentrione al mezzogiorno. Tanto si fece sentire la voce di quella donna, che, partorendo, diede alla luce la Parola dell’eterno Padre.
Per le doglie del parto
Gridava per le doglie e il travaglio del parto. Non dice questo perché dovesse partorire con dolori, poiché ciò non era possibile in un simile parto divino, ma perché per questa madre fu un gran dolore e tormento che, quanto all’umanità, quel corpicino divinizzato uscisse dal segreto del suo grembo verginale al fine di patire, obbligato a dare soddisfazione al Padre per i peccati del mondo e a pagare ciò che non avrebbe commesso.
Il grande dolore (e la grande gioia) di Maria
La Regina del cielo doveva conoscere, e di fatto conobbe, tutto questo per la scienza che possedeva delle Scritture. E invero, per il naturale amore di tale madre a tale figlio, necessariamente doveva sentire questa pena, quantunque con uniformità al volere del Padre. Inoltre, per questo tormento, si comprende anche quello che avrebbe patito la pietosissima Madre, prevedendo i tempi nei quali avrebbe dovuto restar priva della presenza del suo tesoro, dopo che fosse uscito dal suo talamo verginale.
Se infatti, quanto alla divinità, lo aveva concepito nell’anima, nondimeno, quanto all’umanità, avrebbe dovuto starsene molto tempo senza di lui che comunque era suo Figlio e figlio unicamente suo.
E quantunque l’Altissimo avesse deciso di preservarla dalla colpa, non così però dai travagli e dai dolori corrispondenti al premio che le era preparato. Pertanto i dolori di questo parto non furono effetti del peccato come nelle discendenti di Eva, ma bensì dell‘intenso e perfettissimo amore di questa divina Madre verso il suo unico e santissimo Figlio. Tutti questi misteri furono per gli angeli buoni altrettanti motivi di ammirazione e di lode, mentre per i cattivi furono il principio della loro punizione”.
(Dalla “Mistica Città di Dio”, Capitolo 8, di Maria Agreda)
Di: Elisa Pallotta
Fonte: Lalucedimaria.it
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