La città di Napoli è da sempre considerata una delle città italiane più ricche di luoghi misteriosi, alcuni dei quali conservano testimonianze visibili di natura soprannaturale. Uno di questi luoghi è la Chiesa dei Lazzaristi nel quartiere Sanità, dove è esposto il quadro dell’anima dannata. Costruita da Luigi Vanvitelli e terminata nel 1706, la chiesa ospita questa tela legata a una leggenda di amore contrastato e una delle tre ampolle contenenti il Sangue di San Gennaro.
La storia narra di un giovane cavaliere fiorentino e della sua relazione extraconiugale con una nobildonna della sua città. Appartenente a una delle più note famiglie di Firenze, il cavaliere amava segretamente una nobildonna. Il padre, venuto a conoscenza della relazione, esortò ripetutamente il figlio a cambiare vita, ma invano. Nel 1712, la donna si ammalò e morì senza pentirsi del male fatto. Distrutto dall’inattesa perdita, il cavaliere seguì il consiglio del padre di partecipare a un corso di esercizi spirituali per laici presso la casa religiosa di San Jacopo sull’Arno, gestita dai padri della Missione di San Vincenzo de’ Paoli.
Il giovane accettò e si recò in quel luogo sacro per qualche giorno, dove tutto invitava alla preghiera e alla meditazione. Le stanze erano semplici, con un letto, un armadietto, uno scrittoio, un inginocchiatoio in legno e un quadro del Crocifisso appeso alla parete. Le immagini di Gesù Crocifisso erano di carta incollata su tela, montata su un telaio di legno, senza vetro né cornice.
La sera del primo giorno, durante la cena in refettorio, il cavaliere mancava all’appello. Preoccupato, il direttore degli esercizi salì al piano di sopra e, non ottenendo risposta alla porta della sua camera, entrò e trovò la stanza piena di denso fumo. Chiamò aiuto temendo un incendio. Quando il fumo si diradò, videro il cavaliere privo di sensi sul pavimento. Fu adagiato sul letto e, poco dopo, rinvenne.
Il direttore ispezionò attentamente la stanza e notò l’impronta di due mani roventi sul quadro del Crocifisso. Le mani avevano bruciato la tela e il telaio di legno. Il cavaliere raccontò che tra le fiamme gli era apparsa la sua amante, che gli disse, irritata: «È per causa tua che io sono nell’inferno! Sta’ bene in guardia. Dio ha voluto che io te ne dessi l’avviso, e perché tu non abbia a dubitare della realtà della mia apparizione te ne lascio il segno». Poi, toccò con le mani il quadro, lasciandovi le impronte di fuoco visibili ancora oggi.
Fortemente scosso, il cavaliere si convertì e visse santamente per il resto della vita. Padre Giuseppe Scaramelli, superiore dei preti della Missione di Casa San Jacopo, cercò di occultare il fatto per rispetto delle famiglie coinvolte. Conservò il quadro e l’inginocchiatoio anche quando fu trasferito a Napoli, portandoli con sé nella nuova sede. Il 4 novembre 1712, redasse una testimonianza del fatto prodigioso, munita del sigillo della Congregazione:
“Noi, Giuseppe Scaramelli, superiore della Missione, affermiamo ed attestiamo di mano propria il soprascritto fatto come cosa sicura”. E cioè “…in questa immagine si vedono due segni di mani intere con cinque dita per mano, una alla destra, e l’altra alla sinistra dei santissimi piedi del Salvatore, impressivi in modo stupendo da Persona venuta dall’altro mondo, visibilmente a fuoco vivo, con applicare la proprie ardenti mani alla medesima immagine, e così aver affondata la carta e la tela, e bruciato anche la parte del telaio da ambedue le parti, con l’impressione dei due polsi delle stesse mani, e dita aperte, con i segni evidentissimi del fuoco appiccicato alla tela, che ha toccato parimenti alla destra ed alla sinistra l’una e l’altra gamba del Salvatore…”.
Il 26 marzo 1722, il giovane avvocato Alfonso de’ Liguori partecipò a un corso di esercizi spirituali tenuto da padre Vincenzo Cutica nella Casa dei Vergini a Napoli. Dopo una predica sull’inferno, il predicatore mostrò il quadro con l’impronta delle mani roventi. Alfonso, già in crisi spirituale, fu talmente scosso che decise di cambiare vita e dedicarsi completamente al servizio di Dio. Entrò in seminario e a trent’anni divenne sacerdote. A trentasei fondò la Congregazione del SS. Redentore, fu eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti a sessant’anni, scrisse molti libri di morale e ascetica, e morì nel 1787 all’età di novantun anni. Fu canonizzato nel 1832, ed è conosciuto come Sant’Alfonso de’ Liguori.
Il quadro di Gesù Crocifisso è tuttora conservato a Napoli, presso la Casa della Missione in via Vergini 51.