Il Castello Di Bardi si presenta a noi arroccato su una roccia vermiglia, scolpita nel diaspro, che si trova nella Valle del Ceno, in Emilia Romagna. Le origini del maniero (che prende il nome dai Longobardi) risalgono alle invasioni degli ungari, anche se i primi documenti che ne attestano l’esistenza risalgono all’869 d.C. Infatti, nell’898 l’edificio venne venduto al vescovo di Piacenza Everardo, che ne fece un sicuro rifugio in caso di aggressione da parte degli ungari, che in quei tempi razziavano la pianura Padana.
Fino al XII secolo il castello fu governato da una consorteria di nobili locali, conosciuti come conti di Bardi, nel 1257, fu acquistato, con il vicino castello di Compiano, dal ghibellino Ubertino Landi di Piacenza, che ne fece casata “Maggiore” per la sua famiglia. Nel corso del XV secolo i Landi modificarono la rocca, adeguandola alle nuove esigenze difensive fino a conferirgli l’aspetto che tutt’oggi ritroviamo. Sul finire del XVI secolo, per volere di Federico Landi, il castello diventò un maniero di tutta eccellenza dotata di pinacoteca, biblioteca ed esposizione di armi nonché archivio di famiglia.
La decadenza del castello cominciò parallelamente con la decadenza della Famiglia Landi. Il feudo passò infatti ai loro storici rivali, i Farnese, e successivamente ai Borbone di Parma. La struttura, nel corso del XIX secolo, cominciò a prendere una funzione più militare. La struttura, interamente edificata in pietra, è completamente circondata dalle mura a scarpata, dotate di cammino di ronda (ancora interamente percorribile) la cui forma segue la conformazione della roccia su cui è edificata la struttura. All’interno del Castello, divenuto negli anni una vera e propria fortezza, troviamo vari spazi tra i quali le sale della tortura, gli alloggi delle milizie e residenziali, delle famiglie e la cappella tutte affacciate su una corte interna e collegate tra loro da strette ed anguste scale anch’esse di pietra.
La Storia d’amore che poi ci porterà al presunto fantasma è collocabile fra il XV e il XVI secolo, una passione che si consumò tragicamente fra quelle mura.
Soleste era la figlia del signore del castello ed era innamorata perdutamente di Moroello, il comandante dell’esercito. I due non potevano vivere la loro storia d’amore dato che lei era già promessa ad un ricco nobile, amico della famiglia. Tuttavia i due innamorati riuscivano fortuitamente ad incontrarsi fino a quando venne il giorno in cui Moroello fu costretto a partire per una battaglia. Soleste attese ogni giorno dal mastio della fortezza, punto panoramico sulle due vallate da cui spiare il ritorno dell’amato. Un giorno scorse un esercito coi colori del nemico avvicinarsi al castello, pensando che Moroello fosse perito, si tolse la vita gettandosi dagli alti bastioni.
Ironicamente, per un tragico destino, non si trattava di un esercito invasore, bensì proprio del suo amato, che tornava a casa con indosso – in sfregio – i colori del nemico; saputo del suicidio dell’amata anche lui si gettò dalle mura del castello. Da allora i due spiriti e il loro amore inespresso e infelice vagano per la stuttura. Ad essere “avvistato” per primo, da due giornalisti bolognesi (Michele Dinicastro e Daniele Gullà) grazie ad una termocamera, fu lo spirito di Moroello. Altre testimonianze riferiscono di strane manifestazioni: anche in periodi dell’anno in
cui non avveniva la concimazione, l’odore di sterco si alternava a quello di essenze profumate nella medesima stanza. Altre voci correlate riferiscono l’udire di voci di uomini e rullo di tamburi echeggiare tra le mure della fortezza e ancora, i custodi parlano di pietre comparse in semicerchio durante la notte o di grandi massi spostati durante il giro di pochi minuti o voci provenienti dalla zona una volta adibita a locanda.
Dal 1995 comincia una vera e propria ricerca da parte dei così detti GHOST HUNTERS su questi particolari fenomeni. Proprio da quell’anno ricercatori, medium e sensitivi si concentrano su queste presenze rilevando grosse masse di energia nel luogo in cui Soleste si sarebbe buttata dalle mura dopo aver pensato all’uccisione del suo amato.
Altre ricerche portano a rilevazioni di una figura in armatura discendere dalle scale che portavano alla sala del boia. Il 1997 Il Castello di Bardi viene dichiarato ufficialmente come uno dei luoghi più infestati di Italia e da quel periodo è meta di recensioni da parte di esperti nel settore.
La testimonianza più rilevante è quella del giornalista Daniele Kalousi nella quale una vera e propria forma di luce lattiginosa prende forma sulla sua testa.
Tutt’ora il mistero dei fantasma rimane ancora irrisolto.