Il cielo sopra Firenze, si potrebbe dire, parafrasando il titolo di un celebre film che ha per protagonisti due angeli. Nel cielo di Firenze no, non ci sono angeli, almeno non visibili. Compaiono invece degli UFO, oggetti volanti non identificati e quindi, per definizione, misteriosi. Avvistamenti di questo tipo sono segnalati in tutto il mondo, in particolare negli anni ’50, e non molti destano un reale interesse, per svariati motivi. Perché sembrano inverosimili, con descrizioni di omini verdi che ricordano racconti di fantascienza, oppure perché i testimoni si rivelano poco affidabili.
A Firenze la faccenda è diversa, e non si può dubitare di quell’avvistamento, perché lo testimoniano migliaia di persone. Un’allucinazione collettiva? Nemmeno, perché i presunti alieni lasciano piovere dal cielo qualcosa di tangibile, che assomiglia alla bambagia.
Firenze – Pistoiese del 27 ottobre 1954
E’ un mercoledì d’autunno come tanti, con un bel cielo azzurro che invoglia ad andare allo stadio. C’è una partita del Campionato Cadetti, delle riserve insomma, e per questo si gioca in un giorno feriale. La squadra di casa ospita la Pistoiese, che non ha grandi speranze di vincere: nella Fiorentina giocano dei calciatori che diventeranno campioni d’Italia nel 1955/56. Una partita che dal punto di vista agonistico è senza importanza e dall’esito quasi scontato, ma che comunque richiama 10.000 spettatori. Eppure quel match, finito 6 a 2, rimane impresso nella memoria dei fiorentini non certo per la vittoria ma per un evento del tutto imprevisto e imprevedibile.
All’inizio del secondo tempo, verso le 15:27, gli spettatori smettono di guardare quello che succede in campo e hanno tutti gli occhi rivolti al cielo. La scena è surreale: non si sentono più le urla dei tifosi, sono tutti ammutoliti e attoniti, giocatori compresi. L’arbitro ferma la partita, mentre qualcuno inizia a gridare: “Sono gli UFO!”, che è, in effetti, la spiegazione che sembra più plausibile. Perché quelli che attraversano il cielo di Firenze sono davvero oggetti volanti non identificati. Non identificati all’epoca, e nemmeno oggi, a 70 anni di distanza, si può dire con certezza cosa fossero.
Tutti vedono degli oggetti di un colore biancastro e scintillante, che sembrano librarsi nell’azzurro del cielo. A fine giornata se ne elencano una ventina. Qualcuno dice che hanno la forma di “ali di gabbiano”, altri di “sigari cubani”, altri ancora di “cappello da mandarino cinese”, a cono per intenderci. Le descrizioni sono discordanti e quindi non troppo attendibili. Ma non può esserci dubbio su quello che quegli oggetti fanno cadere dall’alto: una sorta di nevicata filamentosa, che nei giorni successivi il giornale La Nazione chiamerà “bambagia silicea”, una sostanza appiccicosa che si disintegra al contatto con il suolo. Un paio d’anni prima, l’ufologo Renato Vesco aveva scelto il nome “capelli d’angelo”, durante un’analoga “nevicata” avvenuta in Francia.
Le persone presenti allo stadio sono tutte convinte di aver visto degli UFO, intesi proprio come astronavi aliene. Ancora molti anni dopo, nel 2013, sono in molti a ribadirlo, in un’intervista alla BBC:
Ardico Magnini, giocatore della Fiorentina: “Ricordo tutto, dalla A alla Z. Fu qualcosa che sembrava un uovo che si muoveva lentamente, piano piano. Ogni persona che era allo stadio era in osservazione e vedeva degli scintillii che cadevano dal cielo, come glitter argentati. Rimanemmo tutti stupiti perché non avevamo mai visto niente di simile prima”.
Romolo Tuci, giocatore della Pistoiese: “In quegli anni tutti parlavano di alieni, tutti parlavano degli UFO e noi ne abbiamo avuto l’esperienza, li abbiamo visti, direttamente, per davvero.”
Gigi Boni, un tifoso della Fiorentina, racconta la cosa diversamente: “Si muovevano molto velocemente e a un tratto smisero, durò in tutto un paio di minuti. Li descriverei come fossero dei sigari cubani. Penso che fossero extra-terrestri, e non c’è altra spiegazione che possa dare”.
UFO su Firenze
Tutto inizia intorno alle 14:30, quando uno studente di ingegneria telefona alla redazione del quotidiano La Nazione, dicendo di aver visto dei dischi volanti nel cielo di Firenze. Il giornalista è scettico, perché segnalazioni di quel tipo sono quasi all’ordine del giorno, e insomma, si tratta spesso di fantasie. Il ragazzo, Alfredo Jacopozzi, sembra molto sicuro di sé, e per giunta non è solo, ci sono altri testimoni con lui. Alfredo, che è munito di binocolo, descrive con precisione ciò che ha visto: i dischi volanti si muovono in coppia. Due sembravano “candidissimi gabbiani in volo”, altri due “erano a forma di goccia d’acqua”. Il giornalista, insieme ad altre persone, si precipita sul tetto dell’edificio, e non vede niente! Poi appare la “cosa”, definita simile a un palloncino, che si ferma sulla cupola del Duomo e, subito dopo ne sfreccia un altro, velocissimo. Poi iniziano a cadere i fiocchi. Jacopozzi, su suggerimento del giornalista, riesce a prendere un filamento attaccato a un filo dell’elettricità, e lo conserva in una provetta di vetro. Nel frattempo si susseguono le telefonate: lo spettacolo dei dischi volanti non viene visto solo allo stadio, ma un po’ ovunque nei dintorni, e ancora più distante, da Sesto Fiorentino a Prato, da Lucca a Chiusi. Già il giorno stesso, un dipendente dell’aeroporto cittadino chiama la redazione per esporre la sua teoria: sono ragnatele. Come ragnatele? Sì, proprio tele di ragno che, secondo quel testimone, “il vento raccoglie e ne fa una grossa palla. Poi qualche corrente ascensionale le porta in alto dove, colpite dalla luce solare, divengono luminosissime” . Un’idea da non scartare, scrive il giornalista.
Il fenomeno si ripete, in Toscana, nei due giorni successivi, e vengono avanzate le ipotesi più fantasiose: un aereo può aver perso quella bambagia vetrosa? Solo se precipita, dice un pilota. A meno che l’equipaggio non si sia preso la briga di gettare fuori dal velivolo (e come?) la lana di vetro dell’isolamento termico. Allora una folata di vento ha acchiappato dei residui vetrosi da una fabbrica? Anche questa ipotesi sembra da scartare. Poi si parla di residui vulcanici, di vetro fuso da fulmini o rilasciato da qualche meteorite di passaggio, e ancora di qualcosa prodotto da un’esplosione atomica sperimentale. Per fortuna i filamenti non risultano radioattivi, perché nel frattempo il reperto raccolto da Jacopozzi è stato analizzato dal professor Giovanni Canneri, che dirige l’Istituto di Chimica Analitica dell’Università di Firenze. La sostanza, composta da boro, silicio, calcio e magnesio, viene descritta dal professore come “a struttura fibrosa, di notevole resistenza meccanica alla trazione e alla torsione. Al riscaldamento imbruniva lasciando un residuo fusibile e trasparente”. Detto in parole povere potrebbe essere un vetro boro-siliceo.
Alla luce di queste analisi si riprende in esame l’ipotesi delle ragnatele, che sembra la più convincente. Alcuni tipi di ragni usano un sistema molto particolare per spostarsi, conosciuto come ballooning, ovvero spostarsi in mongolfiera. Questi ragni producono, attraverso le ghiandole filatrici, dei fili di seta che si aggregano in una sorta di paracadute di forma triangolare, poi trasportato in aria grazie a correnti ascensionali e campi elettrici. Queste “mongolfiere” possono spostarsi per migliaia di chilometri, anche ad altezze molto elevate, addirittura a oltre 4 chilometri sul livello del mare. Il fenomeno, che è conosciuto fin dall’antichità, viene descritto già nel 1826 da Charles Darwin, che ne prende nota durante il suo viaggio esplorativo con la nave Beagle: “al mattino l’aria era piena di ragnatele a fiocchi”, quando la nave si trovava a sessanta miglia dalla costa. L’ipotesi che quei filamenti piovuti su Firenze siano ragnatele è plausibile, ma non trova corrispondenza con le analisi del professor Canneri: la loro composizione chimica è diversa.
E poi, vuoi mettere il fascino di un UFO rispetto a quello di una ragnatela?
Gli UFO negli anni ’50
L’interesse per gli UFO, o meglio, per i “dischi volanti”, come si diceva all’epoca, esplode all’inizio degli anni ’50. Tutto comincia con un primo avvistamento, avvenuto nel 1947 nello stato di Washington, negli Stati Uniti, quando un pilota vede sfrecciare nove oggetti, che chiama “dischi volanti”. La notizia fa il giro del mondo, e da quel momento in poi gli avvistamenti non si contano più. Non solo negli States, dove avviene il famoso incidente di Roswell, ma in ogni angolo del pianeta. Ci sono casi di evidente falsificazione, in altri si tratta di palloni meteorologici, dirigibili, e anche di aerei sperimentali testati dagli americani durante la guerra fredda, come ammesso dalla CIA nel 2013. Ad alimentare la paura per una possibile invasione aliena contribuiscono innumerevoli film, come “La guerra dei Mondi” o “L’invasione degli ultracorpi”, giusto per citarne due tra i più famosi.
Nel 1954, in Europa c’è un’ondata di avvistamenti UFO davvero fuori dal comune, concentrati nei mesi di settembre, ottobre e novembre. Quell’anno gli alieni preferiscono la Francia, e a seguire l’Italia, dove episodi simili a quelli di Firenze – compresa la nevicata filamentosa – si registrano a macchia di leopardo. Sempre il 27 ottobre, a Venezia, due turisti che alloggiano in un hotel a Piazza San Marco vedono dal loro terrazzo due “fusi lucenti” che sfrecciano in cielo e si lasciano dietro una scia di capelli d’angelo.
Il 28 ottobre a Roma, all’ora del tramonto, un disco volante attira l’attenzione della folla. Tra loro c’è un giornalista dell’Associated Press e l’ambasciatrice americana, Clare Boothe Luce, che dice: “ho visto qualcosa ma non so cosa sia”. Anche in quell’occasione piovono dal cielo fili biancastri. Sempre a Roma, il 6 novembre, sulla Città del Vaticano compaiono dei globi luminosi in formazione, avvistati da molti cittadini. Il 14 novembre gli UFO si fanno vedere anche a Gela, dove rilasciano quella stessa sostanza. Un fisico e ufologo statunitense, Charles Maney, ipotizza che la bambagia silicea sia il prodotto “dell’energia in eccesso dell’UFO che si materializza”, mentre lo psichiatra francese George Heuyer parla di un fenomeno isteria di massa.
I casi citati sono pochissimi, rispetto alle innumerevoli segnalazioni di quel periodo: ogni giorno radio e giornali si occupano di avvistamenti e anche di incontri ravvicinati con i marziani, raccontati peraltro non da ciarlatani ma da persone ritenute serie e affidabili.
Vale la pena ricordarne uno, perché avvenuto a pochi giorni dalla nevicata di bambagia silicea su Firenze. Rosa Lotti è una contadina di quarant’anni, madre di quattro figli, che vive in una casa colonica dispersa nelle campagne di Cennina, in provincia di Arezzo. Lavoro e figli, quelle sono le sue preoccupazioni, e non certi i “dischi volanti”, di cui ha sentito parlare “solo due o tre volte”. Riporto il suo racconto che, naturalmente, va preso come un racconto personale e non come una testimonianza scientificamente verificata.
Il 1° novembre del ’54, la donna esce di casa alle 6.30 del mattino per andare al cimitero e partecipare alla messa nella chiesa di Cennina. Per l’occasione mette un vestito nuovo e si incammina per un fangoso sentiero di campagna. Tiene scarpe e calze in mano, per non rovinarle, insieme a un mazzo di garofani da offrire alla Madonna. Lungo il percorso, in uno spiazzo erboso, Rosa vede una sorta di fuso metallico conficcato nel terreno. L’oggetto, che viene descritto nei giorni seguenti da molti giornali, è alto circa due metri e largo 1.20 nella parte centrale, dove ci sono due oblò.
All’improvviso dai cespugli spuntano fuori due misteriosi esseri dalle fattezze umane, ma alti solo un metro. Hanno indosso una tuta grigia dotata di mantellina, e un casco “apparentemente di cuoio”. Gli alieni hanno “degli occhi magnifici, pieni di intelligenza”, e mostrano un atteggiamento amichevole, anche se prendono i fiori e una delle calze di Rosa, mentre tentano di comunicare con lei in una lingua incomprensibile. Poi uno di loro le punta contro uno strumento, forse una macchina fotografica, che spaventa la donna. Rosa si allontana e poi torna con altre persone, senza più trovare nulla, se non una buca dove, forse, si era conficcato il misterioso fuso. Tra le 6:30 e le 7 di quel 1° novembre molti abitanti della zona avvistano in cielo un corpo luminoso, che sprigiona fiammelle bluastre dalla coda. Il “Caso Cennina”, come sarà chiamato in seguito, riscuote l’interesse di molti ufologi, sia in Italia sia negli Stati Uniti.
A proposito degli Stati Uniti, è utile ricordare che all’epoca il fenomeno UFO desta preoccupazione non solo tra la gente comune, ma anche nelle agenzie federali come CIA e FBI, negli alti comandi delle forze armate, al Ministero della Difesa. Certo, non a livello ufficiale, e non per tutti gli avvistamenti, la maggior parte dei quali è spiegabile. Eppure, qualche fenomeno inspiegabile c’è, forse da ricondursi ai sovietici. La domanda che circola alla CIA è: “Sono stati i Russi?” Le agenzie federali controllano le associazioni di ufologi, e sospettano che i presunti avvistamenti siano segnalati da “individui di simpatie comuniste” per provocare una paura di massa. Alla fine, nessun “individuo sovversivo” viene identificato, mentre si rintracciano “numerosi casi che si rivelarono essere coperchi di bidoni della spazzatura, sedili di WC e quant’altro”.
Anche in Europa ci sono dei burloni, che organizzano scherzi più o meno riusciti: nelle campagne di Tradate, in provincia di Varese, l’11 novembre del ’54, atterra un’astronave aliena, che poi risulta essere fatta di bacchette di legno e cellophane. Questa burla viene subito scoperta, ma non quella architettata in Francia, il 16 ottobre, da un gruppo di amici ispirati proprio dalle continue notizie sugli avvistamenti UFO. Nel cielo del paesino di Belesta compaiono “sfere luminose che evolvono in un cerchio magico”, scrive un giornale dell’epoca, e questo diventa uno dei casi più citati dagli ufologi, che saranno certo rimasti delusi quando, nel 2009, uno dei burloni rivela che si trattava di un marchingegno fatto con una ruota di bicicletta, un manubrio e potenti lampade elettriche ricoperte con carte di caramelle colorate.
Bambagia silicea, qual è la spiegazione?
Tra avvistamenti spiegabili e altri meno, incontri ravvicinati più o meno fantasiosi, rimane il fatto che davvero, in quell’autunno del ’54, dal cielo piove la bambagia silicea. Quei filamenti non sono tele di ragno, come invece è acclarato in altri casi.
Cos’è dunque quel materiale così evanescente che è caduto un po’ in tutta Italia, dal veneto alla Toscana, dalle Marche alla Sicilia? Una risposta la fornisce Francesco Grassi, ingegnere elettronico. Assodato che la bambagia silicea non poteva essere collegata al balloning, per la sua composizione chimica e perché le ragnatele non si dissolvono così facilmente, Grassi trova un’altra spiegazione.
Si tratta di chaff, un materiale prodotto dall’uomo “che ha tutte le caratteristiche della bambagia silicea”, compresa la sua composizione chimica e la sua evanescenza. Il chaff viene lanciato dagli aerei militari perché confonde i radar di puntamento, e cadendo al suolo si disintegra. Secondo Grassi quindi, la misteriosa bambagia silicea non è altro che chaff, peraltro usato fin dalla seconda guerra mondiale, seppure in forma di semplici striscioline di alluminio. Per confermare la sua ipotesi, il ricercatore del CICAP tira in ballo la presenza di una portaerei statunitense nel Porto di Livorno. I suoi aerei erano in esercitazione in Italia, proprio tra il 21 e il 27 ottobre ottobre del 1954.
Tutto spiegato dunque? Forse sì o forse no, perché in realtà la bambagia silicea cade in Toscana ancora per almeno un paio di giorni dopo il 27 ottobre, e in altre zone anche a distanza di un paio di settimane. La disputa tra chi crede fermamente alle visite degli alieni sul pianeta Terra, e chi le contesta senza mezzi termini, continua, e io la commento con il paradosso di Fermi:
“Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?”
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