E’ descritto sempre come uno dei più spietati feudatari del Medioevo italiano, anche se la cattiva fama potrebbe derivargli dalla propaganda anti ghibellina dei partigiani di Papa Innocenzo IV che lo aveva scomunicato.
La leggenda si impadronì di lui già quando era in vita, attribuendogli crimini e misfatti di ogni specie. Nel 1256, Ezzelino avrebbe ordinato l’eccidio di undicimila cittadini di Padova, solo perché sospettati di parteggiare per il partito guelfo. In altre occasioni avrebbe ucciso con la sua spada persone colpevoli soltanto di avergli portato lettere contenenti cattive notizie. Questi era Ezzelino III da Romano, signore e despota di Vicenza, Verona e Padova.
Con il tempo il potere di Ezzelino si allargò verso Ferrara e la Val d’Adige con il conseguente dominio di vari castelli.
Catturato e imprigionato a Soncino, il Signore del Veneto si lasciò morire, secondo la leggenda, strappandosi le bende che gli coprivano le ferite, facendole infettare per poi morire di setticemia e senza riappacificarsi con la Chiesa. Così facendo si consegnò all’inferno, senza andare in pace.
Tutte le fortezze da lui possedute in vita risultano infestate da una forza inquietante e malefica che viene associata al diavolo in persona più che ad un semplice fantasma.
Il Castello di Monselice fu fatto costruire per volere dello stesso Ezzelino e lo fece destinare a dimora di una sua amante, tal Ivalda o Avalda, che viene ricordata e descritta come una donna molto crudele, praticante delle arti magiche ed estremamente lussuriosa. Sembra infatti che ella amasse circondarsi, quando Ezzelino non era nei paraggi, di giovani amanti e che puntualmente li facesse sparire dopo aver consumato con loro una notte di passione, lasciandoli cadere, tramite botole, in stretti pozzi pieni di lance appuntite. A lungo andare però, il popolo cominciò a sospettare che i giovani sparissero per mano della donna ed Ezzelino mise fine a tutto, senza troppi ripensamenti, facendole assaggiare la lama della sua spada.
Oltre alla presenza di Ezzelino, nel castello di Monselice viene segnalato anche lo spettro di Jacopino da Carrara, l’allora reggente della città, lasciato marcire per 17 anni nelle segrete del castello. Egli compare agli occhi dei testimoni, barbuto e ricoperto di stracci, sorretto da un bastone.